Per Nicky

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Forse Nicky non avrebbe approvato questo testo. In fondo parte del suo lavoro consisteva proprio nell’insegnare a scrivere pensando ai contesti e al pubblico che ti legge. Non so se ho tenuto conto di tutto questo, ma non sempre quello che si vuole comunicare può essere regolato da standard e modalità espressive adeguate.

Per parlare di una perdita così grande mancano i riferimenti e mancano le parole.

Nicky si è portata via le mie e le nostre parole. Quelle parole che ha cambiato, corretto, pronunciato, tradotto per noi. Le parole che abbiamo pensato e scritto insieme, le parole che ci hanno indignato e quelle che ci hanno affascinato. Le parole che ci hanno fatto piangere, ma anche ridere.

Le parole famigliari, il lessico famigliare che abbiamo condiviso vedendo crescere i nostri figli, aspettandoli fuori dalla scuola, accompagnandoli a fare sport, preoccupandoci del loro futuro.

Le parole dell’amore, non sempre belle, non sempre felici ma comunque intense e importanti.

Le parole “rilevanti” della tesi di dottorato e l’invito a interpretare le intenzioni con cui le usiamo e a capire le aspettative di chi ci ascolta. Le parole e i loro effetti, le parole che fanno le cose. Le parole della comunicazione accademica su cui tanto Nicky ha riflettuto e lavorato per insegnarle.

Infine le parole maledette della malattia che non le ha dato scampo. E quelle sì, non avrei voluto condividerle con lei.

Quando le persone ci lasciano si portano via anche una parte di noi.

– Camilla Salvi

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